17.12.11
"le risoluzioni definitive si prendono sempre e soltanto per uno stato d'animo che non è destinato a durare"
le guardo, le esamino.
esemplari estinti
alcuni mai esistiti.
"Live you must and let to live,
Fairly take and fairly give.
True in love, ever be,
Unless you love be false to you."
recitano le fate dei boschi.
il mio fragile ordito contro la tua debole trama
spezzata,
in filigrana i miei cari ideali,
e i tuoi cari inganni,
dispari,
polvere nella luce
abbagliante della scelta
che frantuma.
brillano a terra i pezzi di vetro
dispari.
al contatto con l'aria
le parole si dissolvano
rivelando il respiro
dello spazio che lasciano.
15.12.11
Recisione
E all'improvviso
la foltezza salicea!
selvatica, fascinosa,
raccolta, ammicante;
iridi cangianti con le ore con le stagioni, con gli inganni coronari, incorniciati di nero
a sottolineare le rigide incoerenze
a nascondere le debolezze, le incertezze
a fingere l'assertività e la fertile solidità
del territorio boschivo
ricco
di gemme, pentagrammi e spiriti
an-dro attorno a me,
incantata
dall'energia panistica
ricca
di larghi raggi obliqui che fendono la densità dei tronchi altissimi,
dall'odore intridente
ricco
di fungo, di muschio, di desiderio carnale;
rapita
dai colori vividi distillati dall'aurea tua:
le radici bruciate e le volute di fiducia,
la carne trascurata e fra le mie braccia i fremiti della libertà creativa,
il tuo vacillamento decisionale, i tuoi desideri balbettanti,
l'infatuazione indistinta e rinchiuso nella rabbia soffocata
lo spettro cristallino dell'amore incondizionato,
la caducità interlocutoria affogata nella paura abissale e il meraviglioso canto dei cetacei,
le prospettive offuscate, la gabbia dipinta e il cammino con la brezza in mente,
i mille petali della burrasca di emozioni azimutati
e la luce dell'unità sacra.
E all'improvviso
.
14.12.11
c'est assez
che perdute non erano.
Tutte le serbavi tu.
Minuti grani di tempo,
che portò via un giorno il vento.
Alfabeti della spuma,
che un giorno il mare travolse.
Io li credevo perduti.
E perdute le nubi
che pretendevo fermare
nel cielo
fissandole con occhiate.
E l'allegria alta
dell'amore, e l'angoscia
di non amare abbastanza,
e l'ansia
di amare, di amarti, di più.
Tutto perduto, tutto
nell'essere stato un tempo,
nel non esistere più.
E allora sei venuta
dal buio, radiosa
di giovane pazienza profonda,
agile, perche non pesava
sui tuoi fianchi snelli,
sulle tue spalle nude,
il passato che tu,
così giovane, portavi per me.
Ti guardavo alla luce dei baci
vergini che mi hai dato,
e tempi e spume
e nubi e amori perduti
furono salvi.
Se da me fuggirono un giorno,
non fu per morire
nel nulla.
In te continuavano a vivere.
Ciò che chiamavo oblio
eri tu.
Pedro Salinas
15.9.11
luminoso squallore
mi diverto, rido, sudo un po'.
mi giro e mi ritrovo di fronte a te.
la tua frangia nera sopra il blu dei tuoi occhi.
mi salta il cuore fuori dal petto.
indossiamo quasi lo stesso vestito.
ci guardiamo inebetite.
dico qualcosa all'orecchio di B.
ti prendo la mano.
"- portami in un'altra sala."
mi guidi attraverso la folla. passiamo una soglia senza porta.
mi porti sulle prime scale.
sei le spalle alla parete. tengo sempre la tua mano. ti prendo l'altra. mi chino su di te.
ti bacio molto piano da una commessura all'altra.
capisco cosa intendevi con: "i miei petali sono un po' più carnosi..."
mi lasci entrare fra i tuoi denti. incontro la punta della tua lingua. mi spingi. rispondo. lottiamo un po' e mi avvolgi completamente.
sciolgo le tensioni nelle mie spalle. chiudo gli occhi. mi lascio trasportare fra saliva e calore.
lascio la tua bocca.
"- c'è un back-room?"
mi guidi sopra le scale.
per un'attimo temo che mi lasci la mano.
ma sei sempre li accanto a me.
spingi una porta.
il buio.
sospiri eccitanti e inquietanti.
mi attiri a te addosso al muro e non sento più che il mio cuore pulsare.
mi prendi la testa fra le mani e mi baci di nuovo a piena bocca.
ti alzo le braccia sopra la testa mentre m'impossesso della tua lingua.
faccio scivolare le mie mani lungo le tue braccia. pelle morbidissima.
lungo i seni. lungo i fianchi.
scendo. m'inginocchio davanti a te.
le mani sulle tue cosce, sollevo il tuo vestito fino al ventre.
ti bacio le mutande. ne seguo l'orlo con la lingua. sento che ti viene la pelle d'oca. mi eccita.
scendo con le mani e trascino le tue mutande verso il basso.
mi sento al riparo fra le tue gambe.
frego le mie guance contro le tue cosce fino al tuo sesso.
affondo il mio viso in te. m'inondi di iodio.
il tuo gusto mi trasporta. entro in te come in "Amers".
le tue labbra mi avvolgono la lingua. ti accarezzo profondamente.
mi rialzo. scivolo la mano dentro di te.
mi appoggio al tuo corpo.
ti bacio saliva e ciprina. mi fondo in te. mi gira il capo.
"- ti amo"
...
un'afa mi pervade.
mi vergogno che mi sia sfuggito.
torno nascondermi fra le tue cosce. ti bacio vampata.
le tue mani nei miei capelli, ti lascio muoverti sul mio viso.
ti lascio guidare, ti seguo.
mentre il peso del tuo corpo mi sdraia a terra
soffoco sotto il tuo piacere.
ti sdrai su di me e mi pulisci il volto con la lingua
mi prendi la mano per rialzarmi e mi sistemi il vestito come prima di entrare in classe.
torniamo sulla pista, mi lasci la mano in un sorriso.
ballo di spalle a B.
Anthofilia - Guy de Maupassant
Qui connaît, hors moi, la douceur, l'affolement, l'extase frémissante, charnelle, idéale, surhumaine de ces tendresses ; et ces baisers sur la chair rose, sur la chair rouge, sur la chair blanche miraculeusement différente, délicate, rare, fine, onctueuse des admirables fleurs ?
J'ai des serres où personne ne pénètre que moi et celui qui en prend soin.
J'entre là comme on se glisse en un lieu de plaisir secret. Dans la haute galerie de verre, je passe d'abord entre deux foules de corolles fermées, entrouvertes ou épanouies qui vont en pente de la terre au toit. C'est le premier baiser qu'elles m'envoient.
Celles-là, ces fleurs-là, celles qui parent ce vestibule de mes passions mystérieuses sont mes servantes et non mes favorites.
Elles me saluent au passage de leur éclat changeant et de leurs fraîches exhalaisons. Elles sont mignonnes, coquettes, étagées sur huit rangs à droite et sur huit rangs à gauche, et si pressées qu'elles ont l'air de deux jardins venant jusqu'à mes pieds.
Mon coeur palpite, mon oeil s'allume à les voir, mon sang s'agite dans mes veines, mon âme s'exalte, et mes mains déjà frémissent du désir de les toucher. Je passe. Trois portes sont fermées au fond de cette haute galerie. Je peux choisir. J'ai trois harems.
Mais j'entre le plus souvent chez les orchidées, mes endormeuses préférées. Leur chambre est basse, étouffante. L'air humide et chaud rend moite la peau, fait haleter la gorge et trembler les doigts. Elles viennent, ces filles étranges, de pays marécageux, brûlants et malsains. Elles sont attirantes comme des sirènes, mortelles comme des poisons, admirablement bizarres, énervantes, effrayantes. En voici qui semblent des papillons avec des ailes énormes, des pattes minces, des yeux ! Car elles sont des yeux ! Elles me regardent, elles me voient, êtres prodigieux, invraisemblables, fées, filles de la terre sacrée, de l'air impalpable et de la chaude lumière, cette mère du monde. Oui, elles ont des ailes, et des yeux et des nuances qu'aucun peintre n'imite, tous les charmes, toutes les grâces, toutes les formes qu'on peut rêver. Leur flanc se creuse, odorant et transparent, ouvert pour l'amour et plus tentant que toutes la chair des femmes. Les inimaginables dessins de leurs petits corps jettent l'âme grisée dans le paradis des images et des voluptés idéales. Elles tremblent sur leurs tiges comme pour s'envoler. Vont-elles s'envoler, venir à moi ? Non, c'est mon coeur qui vole au-dessus d'elles comme un mâle mystique et torturé d'amour.
Aucune aile de bête ne peut les effleurer. Nous sommes seuls, elles et moi, dans la prison claire que je leur ai construite. Je les regarde et je les contemple, je les admire, je les adore l'une après l'autre.
Comme elles sont grasses, profondes, roses, d'un rose qui mouille les lèvres de désir ! Comme je les aime ! Le bord de leur calice est frisé, plus pâle que leur gorge et la corolle s'y cache, bouche mystérieuse, attirante, sucrée sous la langue, montrant et dérobant les organes délicats, admirables et sacrés de ces divines petites créatures qui sentent bon et ne parlent pas.
J'ai parfois pour une d'elles une passion qui dure autant que son existence, quelques jours, quelques soirs. On l'enlève alors de la galerie commune et on l'enferme dans un mignon cabinet de verre où murmure un fil d'eau contre un lit de gazon tropical venu des îles du grand Pacifique. Et je reste près d'elle, ardent, fiévreux et tourmenté, sachant sa mort si proche, et la regardant se faner, tandis que je possède, que j'aspire, que je bois, que je cueille sa courte vie d'une inexprimable caresse.
16.8.11
Mirella sovrapposta
sguardo scuro. fisso.
i contrasti si stampano sulle mie pupille
oscillo fra luce e tenebre
fra fiducia e sconforto
sguardo nascosto in contro luce
ricordo di pioggia irlandese
natura celtica
ritrovo radici di forza selvaggia e
energia creativa
energia fra le mani
per il tuo massimo beneficio
The Sun for me, The Moon for you
The Moon for me, The Sun for you
per il mio massimo beneficio
l'aulite in tasca
conchiglie, crocus, raggi, sogni,
bici, aereo, calendario, alberghi,
bellezza urbana, onanismo,
sushi o roast-beef,
l'azzuro in mente
pensiero costante o ossessivo?
tenue sfumature per uno scarso legame
briciole di parole
costruzioni chimeriche
dense, cirrostratiformi
Galatea e Ofelia
sprofondo in misologia dove ritrovo i miei sensi,
familiari, custoditi.
lentamente, mi si straccia il petto.
fra i brandelli ti vedo nascere
e crescere fa i miei seni;
abbagliata dal tuo odore,
ebbra del tuo biancore.
mi tendo verso te
verso la morbidezza che intuisco, che desidero.
palpito.
perdo fiatto.
i tuoi petali si allargano sopra di me
mi sfiorano come palpebre.
la filigrana dell'epidermide tuo,
liscio con fine venature di ira,
s'insinua nell'iride mio.
mi tendo verso te
verso la morbidezza che intuisco, che desidero.
ma il tuo gambo piu volte avvolto attorno al mio braccio,
mi immobilizza.
mi annoda le mani, mi attorciglia i polsi
ti sono legata.
sento la stretta del tuo rizoma sul mio pensiero,
la mia gabbia toracica stretta nel tuo volubile stelo e
l'inspirazione sforzata mi eccita.
respiro affanato.
bagliore di desiderio.
mi tendo verso te
verso la morbidezza che intuisco, che desidero.
il calore della mia pelle esalta
le esalazioni del tuo madore olezzante
le tue radici sprofondano nel mio dermide
per nutrirsi del mio sudore,
del mio desiderio intriso.
mi tendo verso te
verso la morbidezza che intuisco, che desidero.
la tua corolla si espande.
"stringimi ancora."
mi entri nella carne dolcemente, profondamente,
le tue foglie crescono sotto la mia pelle,
il tuo odore mi penetra.
mi tendo verso te
trovo la morbidezza che intuisco, l'orgasmo che desidero
nella stretta delle tue volute.
11.12.10
sei mia
10.12.10
so-g-no mio padre (e chaczivari)
Tramonto con un Procione
5.12.10
Cosa mi fa soffrire? Come e’ legato all’ego?
Pensare al modo in cui la famiglia si e’ dissolta e la colpa che ne do a mio padre (ma anche a mia madre) per essere stati deboli (ognuno a modo suo), per non dare abbastanza importanza a noi per prendersi cura di lui e di noi. Negare la nostra importanza, lasciandosi morire, lasciandoci pure col senso di colpa di non averlo amato abbastanza.
Non mi sento abbastanza importante da tenere la famiglia unita, abbastanza amabile da farsi che il moi padre si dia da fare per comportarsi come un padre, per amarmi e farmi sentire speciale.
Non sentire il senso della famiglia. Non sentirmi legata a mamma e a chloe.
Lo sento come un’inadeguatezza mia, perche me lo rimproverano, si sentono ferite di non sentirsi amate come dovrebbero esserele solo perche « siamo famiglia ».
questa obbligazione non mi sta bene. Non mi va di sentirmi costretta ad amare qualcuno. Come mio padre non era costretto ad amare me… eppure io sento che doveva. E che non ha riempito il suo dovere. Da cui il mio attaccamento alle regole, all’onore, alle promesse, alla responsabilita’… che pero fugo perche mi fa paura, perche temo di non essere all’altezza e di non poter compiere il mio dovere. E che gli altri mi rimandano l’imagine che io ho di mio padre : un codardo, stronzo.
Che sei innamorata di un’altra e non di me.
Perche non mi sento importante, non mi sento speciale.
Che katell mi abbia lasciata.
Perche non mi sento importante, perche mi sento inadeguatta perche voleva altro e io non ero quest’altro. Voleva che fossi diversa, o non le piacevo cosi com’ero/come sono? perche non sono riconosciuta cosi come sono.
Ma come si fa a riconoscere qualcuno cosi com’e’? senza aspettative? abbiamo tutti aspettative, preferenze, bisogni di riconoscimento… e non sappiamo chi siamo…
Che Rachel mi dica che sono come mio padre perche le ho toccato il culo per strada.
Mi fa male perche i comportamenti di mio padre mi fanno schifo perche nega l’integrita’ degli altri. E ritrovarlo in me mi fa schifo perche no mi sento all’altezza, non mi sento una persona di valore, non mi sento amabile, mi sento sporca e squallida.
Pensare che ho costretto chloe a dormire con nostro padre perche mi faceva schifo sia lui che lei e che non ho saputo proteggerla, esserci qdo aveva bisogno di me. Invece l’ho trattata male, l’ho fatto soffrire, apposta e mi sono approfittata della sua debolezza perche era piccola per esercitare la mia prepotenza e sentirmi forte.
Mi fa schifo pensare a me in questi termini perche mi da un immagine di me non accettabile, di una persona malvaggia, cattiva, non socialmente degna, non umanamente valida. Mi sento una bestia dalgi istinti bassi, vili. Mi rimanda un’imagine di me pessima e non mi sento appagata no nmi sento degna di amore, di vita.
Pensare che ti ho tradita mi fa sentire male qdo capisco che ti sei sentita umiliata. Perche mi sento come sopra, indegna di questa societa’. Che non rispetto le regole, che non rispetto il tuo cuore, la tua esistenza e quindi non rispetto la mia, perche siamo uguali. Negare te, vuol dire negare me.
Eppure continuo. Qui la gente mi sta sul cazzo perche fa le cose a cazzo rispetto a come la penso io. Mi sento superiore. Perche mi sento piu’ educata, perche credo di saperne di piu’ o di sapere meglio.
Ma negando loro, nego me. Che differenza c’e’ fra loro e me?
Perche i miei interessi sono migliori, superiori ai loro?
Semplicemente perche sono miei!
Mi viene in mente il cosino sulla tua pagina FB « il pregiudizio e’ una malattia, aiutaci a sconfiggerla » e mi fa rabbia. La stessa rabbia che sento qdo parlo con la lupa e che abbiamo opinioni divergenti.
Prima il pregiudizio non e’ una malattia. E’ un atteggiamento umano naturale. Ci fa paura cio’ che e’ diverso, cio’ che non capiamo. E sei la prima ad avere pregiudizi. Basta vederti scappare sotto la macchina alla stazione per capire che non tratti tutti gli umani in modo uguale. Ma anche la stessa proposizione : aiutaci a sconfiggerla, significa che hai ragione e che i pregiudicanti hanno torto e che vanno aiutati (se sono malatti) il che e’ una visione condiscendente di palese sentimento di superiorita’ che mi fa schifo. Ma mi fa schifo perche sento che ho lo stesso in me. Anche nel momento stesso in cui ti dico che questo tuo quadretto su FB e’ una merda! Perche mi sento superiore nel riconoscerlo.
Ego contro ego.
Osho dice che i pensieri non ci appartengono
« Continui a credere che i pensieri siano tuoi, non solo, combatti per loro, dicendo »questo e’ il moi pensiero, e’ vero. » Parli, discutti, cerchi di mostrare che quello e’ il tuo pensiero, No, nessun pensiero e’ tuo, nessun pensiero e’ originale, tutti sono presi a prestito, e non sono neanche di senconda mano perche sono stati milioni di persone prima di te… un pensiero e’ altrettanto esterno a te quanto un oggetto. »
Quindi se non mi attacco ai miei, posso accettare i tuoi, come nuvole, sperando che ti passerano. Come ti passera l’innamoramento per a, ma a quel punto, ti passera’ anche quello per me, se caso mai riuscissi a ritrovarti in questi termini.
E poi se non sono i miei pensieri… chi cazzo sono?
4.12.10
comprendere cos’è l’ego
[e’ una]consapevolezza riflessa. Egli non è consapevole di chi lui sia. E’ semplicemente consapevole della madre e di ciò che lei pensa di lui.
Cercano di darti un ego compatibile con la società. Ti insegnano una morale.
morale che non mi e’ mai stato tanto a genio. Sta storia della fedelta’, della monogamia…
L’ego è sempre agitato, è sempre in cerca di alimento,
la rossa e’ l’esempio flagrante. Mi serve considerazione. Considerazione poi da una persona che mi sembra incarnare un certo tipo di mondo, di vita alla quale aspiro, della quale vorrei far parte perche mi sembra figo. Apparenza pura. Amore zero.
Con una cosa morta ci sono molti vantaggi. Il primo, è che una cosa morta non muore mai.
cambia l’oggetto d’amore ? sempre amore e’ ? …
[il fiore] lascia il vecchio corpo e entra in quello nuovo. Fiorisce da qualche altra parte... e continua a fiorire. Ma noi non siamo in grado di cogliere questa continuità, perché è invisibile: vediamo solo un fiore e poi un altro fiore... non vediamo mai la continuità.
Tu non lo puoi vedere, perché è la tua stessa oscurità e tu sei identificato con essa.
soffro la tua perdita’ perche mi davi attenzione. Perche sentivo il tuo amore. Perche mi sentivo bene fra le tue braccia. Perche adoro stare nel tuo corpo, mi fa sentire in sicurezza, mi fa sentire viva, amata, accolta.
E’ necessaria l’attenzione degli altri... e tu cerchi di attirarla in mille modi: ti vesti in un certo modo, cerchi di farti bello, ti comporti in modo educato, cerchi di cambiare.
Provo a cambiare, per farmi accettare da te. Perche penso che cosi staro’ meglio. Che se mi conformo staro’ tranquilla e felice. Ma mi accorgo man mano che forse qualche cambiamento sta avvenendo che il mio legame a te si sfilaccia… mi masturbo sempre nella tua immagine e vengo sempre nel tuo nome, ma mi sveglio e non penso a te. Passa la giornata e il pensiero di te mi sfiora e passa via. Mi chiedo perche non mi rispondi, perche non mi cerchi, mi accorgo che il mio ego e’ scottato qdo non mi dai attenzione. Ma mi brucia meno il pensiero che e’ perche la dai a un’altra. La scelta e’ tua. Se mi brucia, e’ un problema mio.
L’ego deve essere schiavo: dipende dagli altri.
Se ti tradisco e’ un problema mio ; se ne soffri, e’ un problema tuo.
Tutte le volte che ti senti infelice, meschino, chiudi immediatamente gli occhi: cerca di scoprire dove ha origine questa infelicità, e ogni volta scoprirai che il tuo falso centro è entrato in conflitto con qualcuno.
Se si è consapevoli di essere umili, l’ego esiste ancora.
Non cercare di essere umile, cerca semplicemente di capire che tutta l’infelicità e l’angoscia nascono dall’ego. Osserva semplicemente!
Ed è, inoltre, felice di aiutare, perché in questo modo l’ego si sente molto, molto bene: sei di grande aiuto, sei un guru, un maestro, stai aiutando una infinità di persone; e quanto più numerosi sono i tuoi seguaci, tanto meglio ti senti. Ma tu sei sulla stessa barca: non puoi aiutarli. Anzi, li danneggerai.
2.12.10
Ego - il falso centro by Osho
Tale consapevolezza è una consapevolezza riflessa. Egli non è consapevole di chi lui sia. E’ semplicemente consapevole della madre e di ciò che lei pensa di lui. Se sorride, se gli fa dei complimenti, se gli dice: "Quanto sei bello", se lo abbraccia e lo bacia, il bimbo è soddisfatto di sé. In questo modo, è nato l’ego. Attraverso i complimenti, l’amore, le cure, egli si sente bene, sente di essere apprezzato, sente di avere un significato. Nasce un centro. Ma questo centro è un centro riflesso. Non è il suo vero essere. Egli non sa chi è; sa solo quello che gli altri pensano di lui. E questo è l’ego: il riflesso, ciò che pensano gli altri. Se nessuno pensa che lui sia utile, se nessuno gli fa i complimenti, se nessuno gli sorride, anche in questo caso nasce un ego: un ego malato, triste, rifiutato, simile a una ferita; un ego che si sente inferiore, indegno. Anche questo è ego. Anche questo è un riflesso. Dapprima viene la madre, e all’inizio la madre rappresenta tutto il mondo. Poi alla madre si uniscono gli altri, e il mondo continua a crescere. E più il mondo cresce, più l’ego diventa complesso, perché vi si riflettono le opinioni di molte altre persone.
L’ego è un fenomeno di accumulazione, un sottoprodotto della vita vissuta con gli altri. Se un bambino vive completamente solo, non accadrà che in lui cresca un ego. Ma questo non aiuta affatto. Egli rimarrà come un animale. Questo non vuol dire che arriverà a conoscere il suo autentico sé, per nulla! Il reale può essere conosciuto solo attraverso il falso, quindi l’ego è necessario. Bisogna passarci attraverso. E’ una disciplina. Il reale può essere conosciuto solo attraverso l’illusione. Non potete conoscere la verità direttamente. Prima dovete conoscere ciò che non è vero. Prima dovete scontrarvi con il falso: questo incontro, vi aiuterà a conoscere la verità. Se conoscete il falso in quanto tale, la verità sorgerà in voi. L’ego è una necessità; è una necessità sociale, è una conseguenza della società. La società è tutto ciò che vi circonda: non siete voi, ma quello che vi sta intorno. Tutto, eccetto voi, è la società. E tutti riflettono. Andrai a scuola e il maestro rifletterà chi sei. Diventerai amico di altri bambini, e gli altri bambini rifletteranno chi sei. Pian piano, tutti quanti aggiungono qualcosa al tuo ego, e tutti cercano di modificarlo, in modo tale che tu non divenga un problema per la società. Gli altri non si preoccupano di te. Il loro unico interesse è la società.
La società si preoccupa di se stessa, e così dev’essere. A loro non importa che tu divenga un conoscitore di te stesso. A loro importa che tu divenga una parte efficiente del meccanismo della società: devi adattarti allo schema. Quindi, cercano di darti un ego compatibile con la società. Ti insegnano una morale. La morale comporta il darti un ego compatibile con la società. Se sei immorale, in un modo o nell’altro, sarai sempre un disadattato. Ecco perché mettiamo i criminali in prigione: non perché abbiano fatto qualcosa di sbagliato; non perché la prigione possa aiutarli a migliorare, anzi... semplicemente, essi non sono compatibili. Sono fonte di problemi. Hanno ego particolari, che la società non approva. Se la società li approvasse, tutto andrebbe bene. Un uomo ammazza qualcuno: è un assassino. E lo stesso uomo, in tempo di guerra, uccide migliaia di persone... e diventa un grande eroe. La società non è disturbata da un delitto, però il delitto deve essere commesso negli interessi della società: in questo caso è pienamente accettato.
La società non si preoccupa della moralità. La moralità presuppone semplicemente che tu ti debba adattare alla società. Se la società è in guerra, la morale cambia. Se la società è in pace, esiste una morale diversa. La morale è politica sociale. E’ diplomazia. E ogni bambino deve essere allevato ed educato in maniera tale, da rientrare negli schemi della società: questo è tutto, in quanto alla società interessa avere componenti efficienti. Alla società non interessa che tu raggiunga la conoscenza di te stesso. La società crea un ego, perché l’ego può essere controllato e manipolato. Il sé non potrà mai essere né controllato né manipolato. Nessuno ha mai sentito parlare di un società che controlli il sé: non è possibile. E il bambino ha bisogno di un centro; il bambino è totalmente inconsapevole del suo centro. La società gli dà un centro, e il bambino a poco a poco, si convince che quello sia il suo vero centro: l’ego che gli dà la società. Un bambino torna a casa: se è risultato il primo della classe, tutta la famiglia è felice. Lo abbracciate e lo baciate, ve lo prendete sulle spalle, lo fate ballare, e gli dite: "Figlio bello! Siamo orgogliosi di te." Gli state dando un ego, un ego sottile. E se il bambino torna a casa deluso, sconfitto, una frana -- non ce l’ha fatta, oppure lo hanno messo nell’ultimo banco -- allora nessuno gli fa complimenti, ed egli si sente rifiutato... la prossima volta ci metterà più impegno, perché il suo centro è stato scosso.
L’ego è sempre agitato, è sempre in cerca di alimento, in cerca di qualcuno che gli faccia delle lodi. E’ per questo motivo che chiedete continuamente attenzione. Ho sentito raccontare: Mulla Nasruddin e sua moglie stavano uscendo da un cocktail party, e Mulla disse: "Cara, nessuno ti ha mai detto che sei affascinante, che sei bella, che sei stupenda?" Sua moglie si sentì salire alle stelle, era felicissima. Rispose: "Mi domando come mai nessuno me l’abbia mai detto." Nasruddin replicò: "E allora, cosa te lo fa pensare... ?" Tu prendi dagli altri l’idea di chi sei. Non è un’esperienza diretta. Sono gli altri a darti l’idea di chi sei. Essi danno forma al tuo centro. Questo centro è falso, perché porti in te stesso il tuo vero centro. Nessun altro può metterci voce... non sono affari suoi! Nessun altro gli può dare una forma... vieni al mondo con quel centro. Tu sei nato con lui. Quindi, tu hai due centri. Un centro tuo, che ti è dato dall’esistenza stessa: questo è il sé. E l’altro creato dalla società: questo è l’ego.
E’ una cosa falsa... ed è in se stesso un grandissimo stratagemma. Attraverso di esso la società ti controlla: devi comportarti in un certo modo, perché solo in questo caso la società ti apprezza. Devi camminare in un certo modo; devi ridere in un certo modo; devi assumere un certo comportamento, avere una morale, un codice. Solo così la società ti apprezzerà, e se ciò non accade, il tuo ego ne sarà sconvolto. E quando l’ego viene scosso, tu non sai più dove sei, non sai più chi sei. Gli altri ti hanno dato quell’idea. Quell’idea è l’ego. Cercate di capirlo quanto più profondamente possibile, perché questa è una cosa che si deve gettare via. E a meno che non la gettiate via, non potrete mai raggiungere il sé... perché voi tutti siete dipendenti dal centro: non potete muovervi, e di conseguenza non siete in grado di guardare nella direzione del sé. E ricordate: ci sarà un periodo di transizione, un intervallo di tempo, durante il quale l’ego sarà fatto a pezzi; voi non saprete più dove siete né chi siete, e tutti i confini si confonderanno. Sarete confusi, nel caos. In questo caos, avrete paura di perdere il vostro ego, ma deve essere così.
Bisogna passare attraverso il caos per arrivare a toccare il vero centro. Se avrete coraggio, questo periodo sarà breve. Se invece avete paura e ricadete nell’ego, e ricominciate ancora una volta a organizzarlo, allora ci vorrà moltissimo tempo, forse addirittura intere vite. Una volta un bambino andò a far visita ai nonni; aveva solo quattro anni. La sera, quando la nonna lo mise a letto, improvvisamente si mise a gridare, a piangere: "Voglio andare a casa, ho paura del buio." La nonna allora gli disse: "So bene che anche a casa dormi al buio, non ho mai visto la luce accesa, perché allora qui hai paura?" Il bambino rispose: "E’ vero, ma quello è il mio buio; questo buio qui, invece, non lo conosco." Anche dell’oscurità si pensa: "Questa è la mia". All’esterno... un’oscurità sconosciuta. Con l’ego la sensazione è: "Questa è la mia oscurità." Può anche essere difficoltoso; può creare molte sofferenze, tuttavia si pensa: è mio. Qualcosa da afferrare; qualcosa a cui aggrapparsi; qualcosa sotto i piedi... non siete in un limbo, nel vuoto. Puoi anche essere infelice, ma perlomeno esisti. Persino l’essere sofferente ti dà il senso di "Io sono". Se te ne allontani, arriva la paura; inizi a temere l’oscurità che non conosci e il caos... perché la società è riuscita a far luce solo su una piccola parte del tuo essere. E’ come entrare in una foresta: fai un po’ di pulizia, liberi un piccolo spazio, lo recinti, costruisci una capanna, un giardinetto, un prato... e sei soddisfatto. Oltre la siepe, la foresta, il mondo selvaggio. Qui tutto è a posto: hai pianificato tutto. E’ accaduta la stessa cosa. La società ha fatto un po’ di pulizia nella vostra consapevolezza. Ha ripulito perfettamente una piccola parte e l’ha recintata. E lì dentro tutto è a posto. E’ questo che fanno tutte le vostre università.
Tutta la cultura e tutti i condizionamenti, servono solo a ripulire quella piccola porzione del vostro essere in modo tale da farvi sentire a casa. Ma ecco che vi spaventate. Oltre la siepe c’è il pericolo. Voi esistete oltre la siepe, così come esistete al suo interno, e la vostra mente cosciente è appena una parte, un decimo di tutto il vostro essere. Gli altri nove decimi sono in attesa, nell’oscurità, e in questi nove decimi è nascosto, da qualche parte, il vostro centro reale. E’ necessario rischiare... essere coraggiosi. Occorre fare un passo nell’ignoto. Per un attimo, tutti i confini spariranno. Per un attimo, avrete le vertigini. Per un attimo, sarete spaventati e sconcertati, come se fosse avvenuto un terremoto. Ma se siete coraggiosi e non tornate indietro, se non ricadete di nuovo nell’ego e continuate ad andare avanti... dentro di voi esiste un centro, che possedete da vite intere. Questa è la vostra anima, il vostro sé.
Quando vi ci avvicinerete, tutto cambierà, tutto si organizzerà di nuovo. Ma questa volta l’assestamento non sarà opera della società. Ora ogni cosa diventerà un tutto organico e armonico, non un caos: nascerà un nuovo ordine. Ma questo non è più l’ordine della società: è l’ordine stesso dell’esistenza: è ciò che Buddha, chiama Dhamma; Lao Tzu, Tao; Eraclito, Logos. Non è fatto dall’uomo: è l’ordine stesso dell’esistenza. Ecco che allora, all’improvviso, tutto sarà di nuovo bello; anzi, per la prima volta, è davvero bello, perché le cose fatte dall’uomo non possono essere belle. Al massimo se ne può nascondere la bruttezza, ma niente di più. Si può cercare di renderle attraenti, ma non potranno mai essere belle. La differenza è la stessa che esiste tra un fiore vero e uno di plastica o di carta. L’ego è un fiore di plastica, morto. Sembra un fiore, ma non lo è. Di fatto, non lo si può chiamare fiore. Anche da un punto di vista linguistico è sbagliato, perché un fiore è qualcosa che fiorisce, mentre questo oggetto di plastica è solo un oggetto, non può fiorire. E’ morto, in lui non c’è vita alcuna. Tu hai, dentro di te, un centro in fiore. E’ per questo che gli hindu lo chiamano Fior di Loto, perché è qualcosa che fiorisce. Lo chiamano il loto dai mille petali." Mille", significa "infiniti petali".
E continua a fiorire, non si ferma mai, non muore mai. Voi però, vi accontentate di un ego di plastica. E sono molti i motivi per cui vi accontentate. Con una cosa morta ci sono molti vantaggi. Il primo, è che una cosa morta non muore mai. Non può... non è mai stata viva. Quindi, potete comprare fiori di plastica; sotto un certo aspetto vanno bene: durano molto... non sono eterni, ma durano a lungo. Il fiore vero, che spunta in giardino, è eterno, ma non dura a lungo. E ciò che è eterno ha un suo modo di esserlo. E questa è la via di ciò che è eterno: nascere e morire continuamente. Con la morte si ricrea, torna a essere di nuovo giovane. A noi sembra che il fiore vero sia morto... non muore mai, cambia semplicemente corpo, e in questo modo è sempre fresco.
Lascia il vecchio corpo e entra in quello nuovo. Fiorisce da qualche altra parte... e continua a fiorire. Ma noi non siamo in grado di cogliere questa continuità, perché è invisibile: vediamo solo un fiore e poi un altro fiore... non vediamo mai la continuità. E’ lo stesso fiore che è sbocciato ieri. E’ lo stesso sole... ma con un abito diverso. L’ego ha una sua qualità: è morto, è una cosa di plastica. Ed è molto facile averlo, perché sono gli altri a dartelo. Non hai bisogno di cercarlo, non è richiesta nessuna ricerca. Ecco perché solo diventando un ricercatore dell’ignoto, potrai essere un individuo, altrimenti non lo sarai mai. Tu sei solo parte della folla. Sei tu stesso una folla. Se non hai un centro reale, come farai a essere un individuo? L’ego non è dell’individuo. E’ un fenomeno sociale, appartiene alla società, non è tuo. Ti dà però una funzione nella società, ti inserisce in una gerarchia. E se ti accontenti di questo, perderai ogni occasione di trovare il tuo "sé". Ed è per questo che sei così infelice. Con un vita artificiale, come puoi essere felice? Con una vita falsa, come puoi vivere in estasi e in beatitudine? Ed ecco che questo ego crea molte sofferenze, milioni di sofferenze.
Tu non lo puoi vedere, perché è la tua stessa oscurità e tu sei identificato con essa. Non hai mai notato che tutti i tipi di infelicità penetrano in te attraverso l’ego? Non ti può rendere beato, può solo renderti infelice. L’ego è l’inferno. Ogni volta che soffri, cerca semplicemente di osservare, di analizzare... e scoprirai, che è l’ego, in qualche modo, la causa di tutto. Inoltre, esso continua a scoprire nuovi motivi di sofferenza. Una volta mi trovavo a casa di Mulla Nasruddin, e la moglie diceva cose terribili su di lui in modo rabbioso, villano, aggressivo, era quasi sul punto di scoppiare, con violenza. Il Mulla se ne stava però seduto in silenzio, e ascoltava. All’improvviso la moglie si voltò verso di lui e gli disse: "E così, hai ancora da ridire, vero?" Mulla rispose: "Ma se non ho aperto bocca." "Lo so", rispose la moglie, "ma stai ascoltando in modo molto aggressivo." Sei un egoista, come tutti. Alcuni problemi sono grossolani, superficiali, e non presentano troppe difficoltà. Altri invece sono sottili, profondi e sono questi i veri problemi.
L’ego lotta in continuazione con gli altri, perché non ha nessuna confidenza con se stesso; non può averne, è qualcosa di falso. Quando non hai niente in mano e invece pensi di avere qualcosa, ecco che nasce il problema. Se qualcuno dice: "Non c’è niente", comincerà subito la lotta, perché anche tu senti che non c’è niente... l’altro ti rende cosciente di questa evidenza. L’ego è falso, è nulla, e questo lo sai anche tu. Come puoi non saperlo? E’ impossibile. Un essere consapevole, come può non sapere che il suo ego è semplicemente falso? Gli altri gli dicono che non c’è niente, e tutte le volte che gli altri ti dicono che non c’è niente, ti feriscono, dicono la verità, e niente colpisce come la verità. Devi difenderti: se non lo fai, se non stai sulla difensiva, che cosa accadrà di te? Ti perderai. La tua identità si spezzerà. Per questo devi difenderti e lottare: qui nasce il conflitto. Chi è centrato nel suo sé, non è mai in conflitto. Possono essere gli altri a lottare con lui, ma lui non si metterà mai in conflitto con nessuno.
Una volta, mentre un maestro Zen camminava per la strada, un uomo si precipitò su di lui e lo colpì duramente. Il maestro cadde, poi si rialzò, e riprese a camminare nella stessa direzione di prima, senza neppure voltarsi indietro. Un discepolo che era con il maestro rimase molto colpito e chiese: "Chi è quell’uomo? Che cosa vuol dire tutto questo? Nessuno può voler uccidere un essere che vive come te; e tu non lo hai neppure guardato. Chi è, e perché l’ha fatto?" Il maestro rispose: "E’ un problema suo, non mio." Puoi metterti a combattere con un illuminato, ma sarà un tuo problema, non suo. E se tu rimani ferito in quella lotta, anche questo sarà un tuo problema, non suo. L’illuminato non può colpirti. E’ come picchiare contro un muro: ti potrai anche ferire, ma non è il muro che ti colpisce. L’ego è sempre alla ricerca di guai. Perché? Perché se nessuno ti presta attenzione, il tuo ego inizia a sentirsi affamato. Vive sull’attenzione degli altri. Perciò, anche se qualcuno lotta ed è in collera con te, questo ti va bene: per lo meno ti ha prestato attenzione. Se qualcuno ti ama tutto va bene; ma se nessuno ti ama, ti va bene anche la rabbia. Perlomeno sei oggetto di attenzione. Se però questa attenzione non esiste, se nessuno pensa che sia importante, che tu sia qualcuno, come farai a nutrire l’ego? E’ necessaria l’attenzione degli altri... e tu cerchi di attirarla in mille modi: ti vesti in un certo modo, cerchi di farti bello, ti comporti in modo educato, cerchi di cambiare.
Quando percepisci che la situazione è di un certo tipo, ti adegui immediatamente, in modo che la gente ti presti attenzione. Questo è vero e proprio mendicare. Un vero mendicante è colui che ricerca e chiede attenzione. E un vero imperatore è colui che vive di se stesso, che ha un proprio centro e non dipende da nessun’altro. Buddha è seduto sotto l’albero del bodhi... se il mondo di colpo scomparisse, farebbe forse qualche differenza per lui? No, per nulla. Se il mondo intero scomparisse, non farebbe alcuna differenza, perché egli ha conseguito il proprio centro. Tu invece, se tua moglie scappa, divorzia, va con qualcun altro, vai in pezzi, resti completamente sconvolto: lei, infatti, ti prestava attenzione, si dedicava a te, ti amava, ti stava sempre attorno, ti faceva sentire qualcuno. Ora, il tuo impero è completamente perduto, sei semplicemente distrutto. Cominci a pensare al suicidio. Ma perché? Perché se la moglie ti lascia, dovresti suicidarti? Perché se il marito ti lascia, dovresti suicidarti? Perché non hai nessun centro che sia davvero tuo. Erano il marito o la moglie a dartelo. Questo è il modo in cui la gente vive. Questo è il modo in cui si diventa dipendenti dagli altri. E’ una vera e propria schiavitù, ed è molto profonda. L’ego deve essere schiavo: dipende dagli altri. Solo una persona priva di ego è per la prima volta un maestro, non più uno schiavo. Cerca di capirlo. Inizia a cercare l’ego: non negli altri -- che non ti riguarda -- ma in te stesso.
Tutte le volte che ti senti infelice, meschino, chiudi immediatamente gli occhi: cerca di scoprire dove ha origine questa infelicità, e ogni volta scoprirai che il tuo falso centro è entrato in conflitto con qualcuno. Ti aspetti qualcosa... e non succede niente. Ti aspetti qualcosa... e accade tutto il contrario: il tuo ego ne rimane sconvolto, cadi nell’infelicità più nera. Limitati ad osservarlo: quando ti senti infelice prova a scoprirne il motivo. Le cause non stanno al di fuori di te. Il motivo fondamentale è dentro di te, ma tu guardi sempre al di fuori, chiedi sempre: chi mi rende così infelice? Chi provoca questa mia rabbia, questa mia angoscia? Se guardi all’esterno, non lo scoprirai mai. Limitati a chiudere gli occhi e a guardare sempre dentro di te. La fonte di ogni miseria, rabbia, angoscia, è nascosta dentro di te: è il tuo ego. E se trovi la fonte, sarà facile andare oltre. Se riesci a vedere che il tuo stesso ego è la causa di ogni sofferenza, preferirai abbandonarlo, perché nessuno può portarsi dietro la causa della propria sofferenza, una volta che la conosce. E ricordarti che non c’è bisogno di lasciar cadere l’ego. Non puoi farlo. Se ci provi, arriverai ad avere un ego più raffinato che dirà: "Sono diventato umile". Non cercare di essere umile. Di nuovo sarà una maschera dell’ego, ancora non sarà morto. Non cercare di essere umile. Nessuno può darsi da fare per essere umile; e nessuno lo può diventare attraverso lo sforzo. Quando l’ego non c’è più, in te nasce l’umiltà. Non è una creazione: è l’ombra del vero centro. Un uomo davvero umile, non è né umile né egoista. E’ unicamente semplice. Non è neppure consapevole di esser umile.
Se si è consapevoli di essere umili, l’ego esiste ancora. Guarda le persone umili... ce ne sono a milioni che credono di esserlo. Si inchinano molto profondamente, ma osservali: sono gli egoisti più elusivi. Ora si nutrono alla fonte dell’umiltà. Dicono: "Sono umile", e poi ti guardano e aspettano la tua approvazione. "Come sei umile!" vorrebbero sentirti dire. "Sei davvero l’uomo più umile del mondo; nessuno è umile come te." E osserva il sorriso che compare sui loro volti. Che cos’è l’ego? L’ego è una gerarchia che si fonda sull’idea: " Nessuno è come me", e che può benissimo alimentarsi con l’umiltà. "Nessuno è come me, sono il più umile di tutti gli uomini." Una volta, accadde che un fachiro, un mendicante, pregasse in una moschea, la mattina presto, quando era ancora buio. Era una festa religiosa per i mussulmani, e lui pregava dicendo: "Non sono nessuno, sono il più povero dei poveri, il più peccatore tra i peccatori." All’ improvviso, un’altra persona cominciò a pregare. Era l’imperatore di quel Paese, che non si era accorto che qualcun altro stava pregando -- era ancora buio -- e anche lui cominciò a dire: "Non sono nessuno, non sono niente. Sono semplicemente vuoto, un mendicante che bussa alla tua porta." E quando si accorse che qualcun altro stava dicendo la stessa cosa, sbottò: "Smettila! Chi è che cerca di superarmi? Chi sei? Come osi dire davanti al tuo imperatore che non sei nessuno, mentre anche lui lo sta dicendo?"
Ecco come funziona l’ego. E’ così sottile e astuto, che bisogna stare molto, molto attenti: solo così lo si può vedere. Non cercare di essere umile, cerca semplicemente di capire che tutta l’infelicità e l’angoscia nascono dall’ego. Osserva semplicemente! Non c’è bisogno di lasciarlo cadere, non si può. Chi ci riuscirà? A quel punto, colui che lo lascerà cadere, diventerà un nuovo ego, perché l’ego ritorna sempre. Qualunque cosa tu faccia, limitati a metterti in disparte e osserva, guarda: non fare altro. Qualunque cosa tu faccia -- umiliarti, renderti modesto e semplice -- niente ti sarà di aiuto. Puoi solo fare una cosa: limitarti a osservare che l’ego è la fonte di ogni miseria. Ma non dirlo, non ripeterlo, osserva. Perché dire che è la fonte di ogni infelicità, e continuare a ripeterlo, non serve a niente.
Tu devi arrivare a capirlo. Ogni volta che ti senti infelice, chiudi semplicemente gli occhi: non cercare di scoprirne le cause all’esterno; prova a vedere da dove viene questa disperazione. E’ il tuo stesso ego. Se continui a sentire e a capire, se questa comprensione che l’ego ne sia la causa, si radica profondamente in te, un giorno, all’improvviso, ti accorgerai che l’ego è semplicemente scomparso. Nessuno lo lascia cadere; nessuno è in grado di lasciarlo cadere. Puoi semplicemente osservare che, a un certo punto, è scomparso, perché la comprensione stessa che sia l’ego a creare ogni sofferenza, lo fa cadere. Questa profonda comprensione, è la caduta stessa dell’ego. Ma tu sei bravissimo a vedere l’ego degli altri; anche se nessuno, in realtà, è in grado di vedere l’ego di un altro.... quando invece riguarda te, nasce il problema, perché non conosci questa regione, non l’hai mai attraversata. Il vero sentiero verso il divino, verso l’assoluto, deve passare attraverso la regione dell’ego. Bisogna riconoscere come falso ciò che è falso. Bisogna riconoscere la fonte della nostra sofferenza in quanto tale, e a questo punto l’ego cade da solo, semplicemente. Quando ti rendi conto che è un veleno, cade da sé. Quando ti rendi conto che è fuoco, cade da sé. Quando ti rendi conto che è l’inferno, cade da sé.
Quindi non affermare mai: "Ho lasciato cadere l’ego". Ridi semplicemente di tutto, del fatto che eri tu stesso l’autore di tutta la tua sofferenza. Stavo guardando dei fumetti di Charlie Brown. In uno di questi, gioca con i cubi, per costruirsi una casa. E’ seduto al centro, e monta le pareti... a un certo punto, si trova chiuso dentro: ha costruito pareti tutt’intorno a sé, e si mette a gridare: "Aiuto! Aiuto!" E’ stato lui a fare tutto! E ora è chiuso dentro, imprigionato. E’ un atteggiamento infantile, ma è quello che avete fatto tutti voi, finora. Avete costruito una casa tutto intorno a voi, e ora gridate: "Aiuto! Aiuto!" E la sofferenza aumenta a dismisura, perché colui che dovrebbe portarvi aiuto, si trova sulla stessa barca. Una donna bellissima va dallo psicanalista per la prima seduta, e lui, d’acchito, le chiede: "Per favore si avvicini". E non appena la paziente gli si avvicina, il dottore le salta addosso, stringendosela tra le braccia e baciandola. La donna rimane esterrefatta. Lo psicanalista continua: "Ora si segga pure. Questo risolve i miei problemi... adesso parliamo dei suoi!" Il problema diventa complesso, perché chi dovrebbe portare aiuto, si trova sulla stessa barca. Ed è, inoltre, felice di aiutare, perché in questo modo l’ego si sente molto, molto bene: sei di grande aiuto, sei un guru, un maestro, stai aiutando una infinità di persone; e quanto più numerosi sono i tuoi seguaci, tanto meglio ti senti. Ma tu sei sulla stessa barca: non puoi aiutarli. Anzi, li danneggerai. Chi ha ancora i propri problemi, non può essere di grande aiuto. Solo chi non ne ha più, può aiutarti. Solo allora, avrà la chiarezza per vedere attraverso di te: una mente che non ha problemi propri, può vederti: per lei diventi trasparente.
Una mente che non ha problemi, può vedere dentro di sé, ed è per questo che è in grado di vedere attraverso gli altri. In Occidente, esistono numerose scuole di psicoanalisi, ma non sono di aiuto alle persone, anzi sono piuttosto un danno. E questo perché chi aiuta gli altri, o cerca di aiutarli, o si propone in quanto aiuto, in realtà si trova sulla stessa barca di coloro che vorrebbe salvare. E’ difficile vedere il proprio ego. E’ molto facile vedere quello degli altri. Ma non è questo il punto, tu non li puoi aiutare. Prova a vedere il tuo ego. Osservalo semplicemente. E non avere fretta di lasciarlo cadere, osservalo semplicemente. Quanto più lo osservi, tanto più sarai in grado di osservarlo. E un giorno, all’improvviso, ti accorgerai che è semplicemente caduto. E quando cade per conto suo, solo in questo caso cade veramente. Non c’è altro modo. Non puoi farlo cadere prima del tempo. Cade esattamente come una foglia secca. L’albero non fa niente: basta un soffio di vento, qualcosa che accade... e la foglia secca semplicemente si stacca. L’albero non si accorge nemmeno che la foglia secca sia caduta. Non fa rumore, non pretende niente, proprio niente. La foglia secca cade semplicemente, e non fa altro che frantumarsi sul terreno. Proprio così... Quando, attraverso la comprensione e la consapevolezza, maturerai, e avrai realizzato davvero che l’ego è la causa di tutta la tua sofferenza, un giorno vedrai semplicemente cadere quella foglia secca. Si poserà a terra, morirà per conto suo, senza che tu abbia fatto nulla, senza la pretesa di essere stato tu a farla cadere. Ti accorgerai che l’ego è semplicemente scomparso, e in quel momento emergerà il vero centro. Questo vero centro è l’anima, il sé, dio, la verità o qualsiasi altro nome gli vogliate dare. E’ senza nome, per cui gli si può dare qualunque nome. Puoi dargli tu stesso il nome che preferisci."
30.11.10
sono mio padre
C’e’ il grande cestino di vimine, mettiamo dentro i piatti di plastica arancione, posate, bicchieri di plastica e il pranzo che mamma ha preparato oppure semplicemente saucisson, cornichons, beurre sale’, la baguette, pomodori, sale pepe, acqua… e birra probabilmente!
Mamma prende il cestino sul porta-pacchi e io sto sul sedile per bambini dietro papa’. Andiamo in foresta o lungo il canale. Ricordo i luoghi ma non i protagonisti.
Ricordo alcuni bordi del canale, le erbe e io che vado e vengo.
Oppure la domenica portiamo fuori il cane in foresta. Ci andiamo in macchina e poi camminiamo lungo il ruscello. E’ la technica di papa’ per non perdersi. Io saltello lungo il ruscello, lo attraverso quando un vecchio tronco di traverso lo permette.
Andiamo a rubare le nocciole in un boschetto! Mio padre mi dice sempre di fare piano per non farsi reperire. Io mi diverto, ma devo sempre fare piano…
Anche col nonno una volta abbiamo raccolto tante nocciole, ma poi il paesano e’ arrivato, ha discusso a voce alta col nonno. Il paesano diceva che la strada era sua, che era una strada privata e che non potevamo raccogliere le sue nocciole e che dovevamo ridargliele! Alla fine il nonno gli ha dato il sacchetto pieno delle nocciole che avevamo raccolte. Era furioso e anch’io ero delusa, non avevamo piu nocciole!
Ogni sera ceniamo con la radio accessa. Ascoltiamo France Inter. Bisogna ascoltare e fare silenzio. Non l’interessa cio’ che posso aver voglia di dire, vuole ascoltare le voci della radio. A me sta radio sta tanto sul cazzo. Non m’interessa e non posso parlare.
Dopo cena va sul divano con la birra e guarda la tivvu’. La domenica sera c’e’ Benny Hill. E’ una stronzata ma mi fa ridere. Mamma dice che non e’ per i bambini, ma non insiste troppo e lo guardo lo stesso. C’e’ anche disney channel, lo guardiamo. La domenica sera e’ mia, guardiamo il moi programma!
Torno dalla scuola (elementare) mio padre e’ in cucina, a tavola davanti a robe di salumeria e la birra. E’ la sua merenda. Se io torno, sono le 5 passate... mi chiedo ora, se stava a casa, perche non veniva a prendermi a scuola?
Un volta mi porta a scuola e mi chiede in che classe sono. Sono in CE2 (vuol dire che ho 8 anni) mi offendo molto che non sappia in che classe sono.
Col nonno andiamo a giocare a tierce’ la domenica. Studia i cavalli, a volte fa scegliere a me secondo al nome… stiamo al bar. Fumano, bevono vino e Ricard… ci sono pezzettini di carta ovvunque per terra delle schede convalidate a mano.
Spesso quando penso a mio padre mi si agita la topina. Si prepara. E mi turba molto questa reazione. Mi fa schifo. Non la capisco.
Per anni abbiamo condiviso il bagno, mi facevo la doccia mentre si radeva ascoltando la radio. Facevo veloce perche il rumore onnipresente della radio mi dava fastidio.
Ora non ascolto la radio. L’ho ascoltata da Rachel, c’era una trasmissione interessante. Mi e’ piaciuto. Mi piace ascoltare la voce che mi racconta. Ma non lo faccio mai.
Penso a te che t’incazzi se m’incanto davanti alla tivvu’. Ora capisco che ti senti negata. Ti chiedo scusa.
Una volta ci troviamo in un bar a villejean, c’e’ un po’ di gente che giudicherei male, stanno li al banco davanti a vino o alcolici, in mezzo alla giornata… mi fa schifino l’ambiente. Arriva mio padre, si comporta sempre come se fosse al di sopra degli altri, come fosse superiore. Sorride, e mi presenta come la sua nuova fidanzata o conquista… lo guardo male. Mi pare davvero fuori luogo. Lui trova la battuta divertente perche gli altri non sanno se bluffa o se e’ vero.
Qdo l’incontro una volta con Rachel, mentre lei va in bagno, lui mi dice che non dormirebbe nella vasca…
In settimana Bianca, scrivo una cartolina a Rachel, esplicita, non so perche non l’ho messa sotto busta… la volevo spedire io stessa ma mio padre insiste talmente che non resisto e gli do la cartolina. Poi mi fa una riflessione su Rachel…
In settimana bianca, rifiuto di dormire con mia sorella perche mi fa schifo, dorme con un « didi » che e’ un pezzo di stoffa che succhia e puzza a morte. Non e’ questione che dorma con mio padre, voglio il letto grande nella stanza da sola ; cosi obbligo mia sorella a dormire nella stessa stanza di moi padre… mi sento piu’ in sicurezza ma mi ora mi sento una merda di non aver protetto Chloe.
E’ successo un’altra volta qdo siamo andate a vederlo prima che avessi 18 anni. Era a casa sua. Sembrava abandonata. Io ho dormito in un letto, ho rifiutato di dormire con Chloe e lei ha dovuto dormire con lui. Oggi mi fa male ripensarci… mi sento una merda di averla costretta a dormire con lui invece di proteggerla.
So che mi comporto come lui. E mi fa schifo.
L’ho fatto con Anthony e il suo fidanzato, malgrado lui mi abbia detto gli desse fastidio. Non capivo il perche. Esistevo solo io. E non vedevo perche provarci con il suo ragazzo gli potesse dare noia, perche per me era solo un gioco perche sapevo che non mi avrebbe mai dato corda. Mi faccio schifo a ripensarci.
Non so perche riproduco i suoi comportamenti che mi fanno schifo.
Di sicuro non avro’ imparato il rispetto da lui… ma avrei anche potuto, per reazione.
… alla faccia del ricordare le cose belle…
Perdonare a lui vuol dire perdonare a me, fidarmi che sono altro – anche altro- che posso comportarmi bene invece che come un demente.
Accettare che sono stata –anche stata- una stronza, un’idiota ma sentire che sono altro.
E’ difficile aver fiducia in me sapendo che mi posso comportare cosi male. Mi sento una merda. La sensazione di schifo non mi molla.
Per questo il riferimento alle Nuits Fauves, perche anche se mi sento una merda, se sono nelle tue braccia, sono un’altra. Sono la parte migliore di me.
>Concentrarmi sulla parte migliore di me.
>Ricordare il bello di mio padre.
Lucia dice che lo schifo/la voglia di piangere vengono dall’orgoglio. Che e’ un lavoro dell’ego, che devo essere umile e riconoscere che ho agito cosi perche ero ignorante.
…
Mi convince poco questa lettura.
So che perdonare mio padre e perdonarmi vanno insieme.
Provo a ricordare che lo amo, anche se mi ha tradito; a ritrovare l’amore sotto l’odio.